Prendo spunto da una mail allarmata che ho ricevuto qualche giorno fa, per buttare giù un piccolo prontuario SEO: quali sono i presupposti per posizionare il proprio sito web senza spargimento di sangue.
Introduzione: la domanda scottante
La storia è semplice. Con uno sviluppatore realizziamo per una grande azienda un sito vetrina d’impatto. L’obiettivo è classico: il biglietto da visita digitale, da mostrare ai potenziali clienti. I punti di forza sono uno storytelling originale, che per una volta prende molto alla lontana il core business del committente, e il portfolio dei progetti.
Non ci sono richieste dal punto di vista SEO e, d’altro canto, non c’è sufficiente “ciccia” testuale perché il sito si faccia strada da solo nella SERP di Google. Se ne parlerà dopo la messa online, quando si proverà a definire un piano editoriale per blog e piattaforme social.
A qualche mese dalla famigerata messa online, la mail di cui sopra: il nostro sito non è posizionato. È urgente sistemare la cosa.
Perché fare SEO? Bignami della SEO ad una velocità supersonica
Fare SEO significa ottimizzare i contenuti del proprio sito/blog in modo che i crawler, i software curiosoni di Google (e in realtà anche dei motori di ricerca minori), capiscano di cosa parlano, li indicizzino, e il motore possa poi proporli come risultato in risposta a una query – la domanda che l’utente ha fatto al motore di ricerca.
Ora come ora, e parlando del solo Google, essere tra i primi risultati è di capitale importanza. Con l’attitudine mobile first (prima gli smartphone), le speranze che tutti mettono nel proprio e-commerce, e la nuova frontiera della voice research, questa priorità è se possibile ancora più stringente.
Prima parola contro la SEO: urgente
Nell’eterna lotta per il posizionamento, “urgente” è una parola che non esiste. La SEO è un’attività
- a medio e lungo termine
- che non si esaurisce (al massimo cambia in intensità)
Un esempio. Le diverse scuole di pensiero dei blogger americani (sì, esistono diverse scuole di pensiero di blogger americani) sono piuttosto concordi nel ritenere che per vedere un’apprezzabile impennata della performance di un blog in una nicchia media (quindi: keyword posizionate, aumento dei tempi di permanenza sulla pagina, buona CTR e via dicendo) è necessario pubblicare almeno una sessantina di contenuti corposi, ottimizzati e verticali, nell’arco di sei, otto mesi.
Confermo: funziona così.
Prima parola a favore della SEO: pazienza
È evidente quindi che per fare SEO efficace serve una buona dose di pazienza. Le cose (in genere) funzionano, ma le tempistiche e le modalità di successo sono alle volte difficili da prevedere (meno da interpretare: vedi dopo).
È da evitare come la peste il classico comportamento isterico e salterino che contagia chi vuole posizionarsi ma non conosce i meccanismi sottesi. Cioè:
Pubblico un articolo > guardo le analytics ogni dieci minuti per due giorni > non è successo niente > mi prende il panico > metto in dubbio le keyword scelte, i contenuti, chi pago per scriverli
Seconda parola contro la SEO: a caso
Fare SEO non si improvvisa: un po’ come tutto quello che riguarda il marketing e la comunicazione digitale.
Fare SEO è anche una filiera: ci sono compiti definiti e ordinati, e una gamma di operazioni da fare su base quotidiana, settimanale e mensile.
Chiaro: se oggi non guardi le analytics perché la call non finiva mai, ma lo fai domani, non muore nessuno. MA.
Quindi, è evidente che per fare SEO bene, bisogna avere le braccia – pardon: le teste per fare il lavoro. E queste teste devono comunicare tra loro, avendo sempre chiari gli obiettivi (che, en passant, vanno assolutamente definiti prima di iniziare a fare il lavoro sul posizionamento: meglio se in chiave SMART).
Seconda parola a favore della SEO: professionalità
Fare SEO significa allocare risorse per un lavoro che si muove su tre fronti (se non quattro):
1 – la ricerca delle parole chiave.
Non è una banalità. L’errore più grosso che si possa fare in questa fase è convincersi di sapere quali siano le parole chiave per le quali è bene posizionarsi. Così: per scienza infusa. O perché “faccio questo lavoro da trent’anni, lo so come pensano i miei clienti”.
Non è così. Fare keyword research significa immedesimarsi in chi fa la ricerca, più usare strumenti per l’analisi dei dati, più una spiccata capacità di osservazione e interpretazione, più un bel po’ di spionaggio industriale a danno delle strategie SEO dei competitor.
Tip. Una keyword non è solo una keyword: per essere efficace, l’ottimizzazione SEO (quella che facciamo sui contenuti che pubblichiamo, e su alcuni parametri tecnici delle pagine e del sito intero) deve tenere conto anche dell’intento di ricerca: cioè il perché, e quindi il come, l’utente chiede proprio quella cosa a Google.
2 – la produzione dei contenuti e la SEO on page
Questa si spiega da sé, e richiederebbe un approfondimento di pagine e pagine. Fattostà che i contenuti vanno prodotti, certo, ma vanno anche ottimizzati secondo linee guida piuttosto precise. Il tutto, scendendo a compromesso con il fatto che scriviamo comunque per il lettore, e non solo per Google (o perlomeno non solo).
Tip: puoi anche dover considerare il fatto per certi settori si avvicina sempre di più la necessità di ottimizzare i contenuti per la voice search: è un altro paio di maniche.
3 – l’analisi degli analytics
Monitorare i dati, nella SEO, è fondamentale. Altrimenti è come guidare di notte. Con i fari spenti. Bendati. In retro. Con il lunotto posteriore oscurato dai bagagli delle vacanze. E il navigatore che non prende.
Solo sorbendosi grafici e percentuali è possibile capire cosa funziona, dove sta andando il nostro sito, dove abbiamo sbagliato, dove rischiamo di far danni o dove li abbiamo già fatti, ma possiamo porvi rimedio.
4 – l’attività di backlink
… che richiede in genere una ulteriore figura specializzata, orientata più verso il mondo del giornalismo e delle pubbliche relazioni che quello del blogging (o della SEO stessa). Ma per ora, non ce ne curiamo.
Terza parola contro la SEO: risparmio
Qui non si sbaglia.
Non investi, non ottieni.
Non c’è verso (al netto di non muoversi in una micronicchia davvero specialistica, nella quale ci sei solamente tu) di ottenere risultati pubblicando con discontinuità, non ottimizzando le pagine, senza avere idea delle keyword o, peggio ancora, facendo keyword stuffing come si poteva fare (e si faceva: oh se si faceva) agli albori dei motori di ricerca. Senza imparare Google Analytics e Search Console, senza monitorare l’andamento del posizionamento, senza farsi domande sul perché c’è stato quel picco, perché abbiamo perso dieci keyword in prima pagina, e via dicendo.
Quindi?
Terza parola a favore della SEO: investimento
La cosa bella è che la SEO può benissimo funzionare per gradi: l’importante è farla bene.
Hai possibilità di investire 100? Bene: keyword research approfondita a intervalli regolari, piano editoriale trimestrale, produzione di due o più contenuti alla settimana (Gary Vaynerchuk insegna, ma anche i sunnominati blogger americani non sono da meno), monitoraggio e aggiustamento costanti. Tool a pagamento per l’analisi di keyword, autorità, backlink, SEO tecnica per un totale di 1k al mese. Campagne PPC per dare una spinta ad alcuni contenuti, social per ottenere condivisioni, una persona per fare attività di backlinking 12 ore al giorno. Et voilà: sei ai primi posti della SERP (e magari ti becchi pure qualche posizione 0).
Puoi investire solamente 10? Nessun problema: individua alcune keyword a coda media e lunga dalla competizione bassa, conquistale, cura link interni e SEO tecnica con attenzione maniacale, e gradualmente muoviti verso keyword più consistenti. Aggiorna i contenuti ogni tre/sei mesi, elimina le zombie pages, migliora la velocità di caricamento del sito. Oppure verticalizza ancora di più i contenuti.
Concludendo velocemente
… e rispondendo alla domanda: perché fare SEO (e come)?
- La SEO è un’attività a medio e lungo termine, ma è anche un investimento estremamente redditizio (una volta avviata, la SEO lavora per te 24/7)
- Se vuoi ottenere qualcosa dal tuo sito, la SEO va necessariamente fatta
- Ti serve (almeno) un professionista che si faccia carico della tecnica, dell’analitica, e della produzione dei contenuti – quest’ultima parte, possibilmente non da solo – e di tutte le malizie pratiche di questa specializzazione
- Ci vuole pazienza nei confronti delle tempistiche, e fiducia in chi ti fa la SEO
Buon lavoro.