La storia è questa.
La Catalogna lotta a suon di manifestazioni, caceroladas e referendum (vinti, peraltro) per guadagnarsi l’indipendenza dalla Spagna. Ma una parte di Catalogna – quella metropolitana di Barcellona – rifiuta le posizioni degli indipendentisti, vantando valori completamente opposti (cosmopolitismo, apertura, connessione con l’Europa, contro ossessione per l’identita, xenofobia, arretratezza e isolamento), e un desiderio orgoglioso di definirsi spagnola.
Succede che un attore e drammaturgo settantaquattrenne, già praticante di satira, diventa fulcro di questo movimento anti-secessionista. Nasce (?) Tabàrnia: una repubblica indipendente con bandiera, confini storici di riferimento, sito web, giornale online e, appunto, un presidente in esilio, investito telematicamente.
Un sintetico video in grafica flat animata divulga i principi fondanti della repubblica, cannibalizzando gli slogan dei secessionisti catalani per sbeffeggiarli con il loro stesso linguaggio. Un altro video mostra un discorso del presidente Albert Boadella. Un altro ancora, una tavola rotonda politica. Per fine febbraio è stata indetta la prima manifestazione pro Tabàrnia.
La vicenda è riassunta in questo articolo de IlPost.
Le voci ufficiali della Spagna parlano di “uno scherzo molto serio”.
Tra guerrilla e troll marketing.
Al di là della questione politica, tuttavia, quello che mi interessa di questo esperimento è la vis creativa. La potenza cioè di un progetto – o di un oggetto – costruito e così articolato da prendere (quasi) vita. Da farsi spazio nel web. Da entrare nei dibattiti.
Se fosse un’operazione commerciale, potremmo trovarci secondo me in un punto a metà tra guerrilla marketing e troll marketing.
Perché Tabàrnia è propaganda non convenzionale – e decisamente low-cost – e perché Tabàrnia risponde, prende in giro, polemizza, bulla. Tabàrnia è la costruzione di un oggetto parodistico.
Quello che si può valutare, a questo punto, è la “bontà” di questo curioso mélange tra guerrilla e troll marketing, e la sua applicabilità al “mondo reale” della comunicazione.
Se il guerrilla marketing è pressoché sdoganato, infatti, il troll marketing – l’uso del negativo, dello scorretto – ancora non lo è.
Difatti, esperti della comunicazione americani prendono posizioni apertamente opposte: secondo Anthony Johndrow della RepEcon Adv, la neutralità è una strategia del passato, e si può assolutamente spingersi verso “a little bit of an edge, […] a little bit of a fight”. Per Dave Fleet della Edelman invece la propria audience va pesata con estrema attenzione, perché il troll marketing può sbancare, se il brand non è nuovo ad utilizzare un tono giocoso – ma può facilmente distruggere una reputazione, perché una costruzione aggressiva, cinica, “stronzetta” può sembrare fuori luogo, un errore, o addirittura passare inosservata.
Tuttavia, pensare ad un “artefatto” nella nostra campagna di comunicazione, che osi spingersi in territori inaspettati – magari senza lambire linguaggi pesanti o ammiccamenti eccessivi – potrebbe rivelarsi una mossa interessante.
E un gioco creativo sicuramente stimolante.